Quanto deve lavorare una madre single?

La difficoltà dei genitori single di lavorare a tempo pieno sorge quando i bambini sono molto piccoli. L’assistenza ai bambini non è quindi sempre garantita nell’intera giornata. Gli ammanchi economici, invece, sono nella maggior parte dei casi colmati dal contributo di mantenimento dell’ex partner.

Lavorare da genitore single – contributo per il mantenimento

Quasi il 90 per cento di tutte le madri single ha un lavoro.

Quasi il 90 per cento di tutte le madri single, oltre a occuparsi dei bambini, ha un lavoro, e nel caso dei padri single la percentuale è addirittura più alta. Molti riescono a essere genitori single e lavorare a tempo pieno, ma conciliare le due cose è tutt’altro che semplice. Con un lavoro a tempo pieno rimane poco tempo per i bambini e mancano adeguate offerte di assistenza. Un gran numero di genitori affidatari single decide per questo motivo di non avere un lavoro a tempo pieno. 

Per compensare la perdita economica, il legislatore prevede nel mantenimento una somma contributiva da versare alla madre o al padre affidatario dall’altro coniuge. Si crea così una compensazione economica per il tempo di assistenza in cui il genitore single si dedica al bambino e non può lavorare. L’ammontare del contributo e per quanto tempo dovrà essere corrisposto, dipende da diversi fattori.

Quanto devono lavorare i genitori single?

La somma contributiva deve in primo luogo coprire il costo della vita del genitore affidatario, se questo non può provvedervi in maniera autonoma a causa dell’affidamento. Dopo una separazione i genitori single devono pensare a come riorganizzare la propria quotidianità senza il partner. Per molti si pone quindi la domanda di quanto debba effettivamente lavorare una madre single, senza che la cura del bambino ne risenta. 

A oggi, in Svizzera vale spesso la regola dei 10/16 anni di età per stabilire il contributo di mantenimento. Di conseguenza, il genitore che accudisce uno o più figli al di sotto dei 10 anni, non deve svolgere nessuna attività lavorativa. Quando il figlio minore raggiunge il 10° anno d’età, un lavoro part-time al 50 per cento diventa accettabile. Tuttavia, in caso di più figli, la percentuale può scendere. A partire dal 16° anno d’età, il genitore affidatario può svolgere un lavoro a tempo pieno. Con questa regola viene favorito il modello di accudimento parentale che però, in realtà, è attuabile solo da genitori che godono di buone condizioni finanziarie. 

Contributo assistenziale supplementare per il mantenimento dei figli

Il 1° gennaio 2017 è entrata in vigore la nuova legislazione relativa al contributo di mantenimento. Questa revisione del diritto di famiglia include prima di tutto le modifiche nella richiesta del mantenimento da parte delle coppie non sposate. Secondo la nuova giurisprudenza, i celibi/nubili devono pagare all’ex partner, oltre agli alimenti per i figli, anche i contributi per il loro mantenimento: la loro situazione si equipara così a quella delle coppie sposate. 

Con la nuova legge, il legislatore si propone di risollevare il chiaro svantaggio finanziario delle coppie di fatto. Il contributo per il mantenimento viene pagato in aggiunta agli alimenti per i figli. L’ammontare finale dipende tra l’altro dallo stipendio. Nel metodo di calcolo i costi di mantenimento sono direttamente proporzionali al reddito. 

Spesso l’ultima decisione spetta al tribunale

La nuova legislazione lascia senza risposta ancora molte domande. Perciò ci si aspettano numerosi processi, l’esito dei quali si ripercuoterà poi sull’interpretazione delle nuove obbligazioni degli alimenti. Le modifiche dei criteri di calcolo coinvolgono sia le coppie sposate che quelle di fatto. 

In che misura il contributo di mantenimento debba essere versato dipende dalla situazione personale dei genitori separati, dal modello di accudimento e dal modello di prestazione lavorativa, che il genitore affidatario è in grado di sostenere oltre al mantenimento dei figli. Al contempo, gli alimenti per i figli hanno la priorità su tutti gli altri obblighi in materia di diritto di famiglia. Tuttavia, il minimo di sussistenza del mantenimento della parte debitrice non può essere mai toccato.